22 Novembre

Sezione: non-accadde/

Sardonicus dixit: “Quante volte siamo scomparsi dalla vita degli altri per la semplice pigrizia di cercare una vecchia agenda.”


22 novembre

1824, lunedì. Primo giorno della “grande bufera” (Great Gale, storica) che flagellò l’Inghilterra meridionale per due giorni. Menzionata per le tracce ancora evidenti nel Capo XXVI del romanzo “I boscaioli” di Thomas Hardy. Giles Winterborne ama la compagna d’infanzia Grace Melbury, ma questa, educata in città, è destinata dal padre a sposare, pur senza entusiasmo, il dottor Edgar Fitzpiers. Nel romanzo si contrappongono gli abitanti della campagna, esseri umani naturali e semplici, contro i cittadini, complicati e falsi (non un’idea originalissima). Per i patiti di Thomas Hardy. (“The Woodlanders”, 1887, 778 Kbytes).

1914, domenica. La corazzata Bulwark riceve un telegramma con l’ordine di missione. Questa (siamo nel primo anno della prima guerra mondiale) ha inizio nella nebbia due giorni dopo, il 24 novembre. Il medico di bordo è Lemuel Gulliver (vedi 2 aprile), che intraprende così, in ancor verde età dopo duecento anni, il suo quinto viaggio (“Viaggio a Faremido”). Gli abitanti di Faremido, come scoprirà il lettore, differiscono in modo essenziale da tutti quelli già incontrati da Gulliver, e considerano la vita con cui abbiamo famigliarità quasi come un’infezione o meglio una “malattia ammalata” che distrugge sé stessa, come stava dimostrando la prima guerra mondiale. Gulliver riuscirà a tornare da Faremido e potrà fare un sesto viaggio, in un anche più bizzarro mondo, Capillaria, in fondo all’Atlantico. L’autore di queste escursioni filosofico-satiriche è l’ungherese Karinthy Frigyes (Federico), autore di genio che sarebbe sicuramente assai più popolare se avesse scritto in una lingua più veicolare o più facile da apprendersi dell’ungherese, perché le sue opere, anche se sembrano talvolta sprofondare nell’umorismo nero, sono interessanti, come è interessante la sua storia personale. Così come andarono le cose, Faremido e Capillaria dovettero aspettare una quarantina d’anni prima di essere tradotti in altre lingue, non dico l’italiano.
(“Utazás Faremidóba”, 1916, 127 pagine insieme a “Capillaria”).
(“ Capillária”, 1921)
Il linguaggio degli abitanti di Faremido, come si può intuire, è unicamente costituito dalle note della scala naturale. Cyrano di Bergerac (vedi 23 giugno) aveva già trovato che i “Grandi” sulla Luna parlavano anch’essi un linguaggio costituito di note musicali (c’erano due lingue sulla Luna, e l’altra era anche più originale). Il Francese François Sudre a partire dal 1827 sviluppò un intero linguaggio, il Solresol, basato sulle note della scala naturale. Spiace dirlo, ma dalle poche parole in Faremidoese citate nel libro di Karinthy, non sembra che gli abitanti di Faremido si esprimano in solresol. Il fatto però che “Paese” in solresol si dica Sifaremi e “campagna” si dica fadoremi lascia sperare che almeno i due linguaggi appartengano al medesimo ceppo. Incidentalmente, un linguaggio musicale è anche utilizzato dagli alieni del noto film “Incontri ravvicinati del terzo tipo” (1977) di Steven Spielberg, in cui la sequenza So-la-fa-fa-do viene ripetuta quanto basta. Neanch’essa è in solresol.