2 Febbraio

Sezione: non-accadde/

Sardonicus dixit: “Il vantaggio della comunicazione intercontinentale è sentire vicino qualcuno con la sicurezza che è ben lontano.”


2 febbraio
1797, mercoledì, data della battaglia (se battaglia si poté chiamare) di Faenza, tra Francesi e truppe papali, le quali fuggirono praticamente senza combattere. Con la rievocazione di questo episodio, magistralmente narrato in un’ottava, inclusiva di un ameno ed alquanto irriverente ritratto del generale Colli, che non se lo meritava, incomincia il poemetto satirico “I paralipomeni della Batracomiomachia” di Giacomo Leopardi. Il titolo significa più o meno “continuazione della battaglia dei topi e delle rane”. Il Leopardi infatti riprende il poemetto “La batracomiomachia”, attribuito ad Omero, e lo continua facendo la satira della storia contemporanea. Chi non conosce il Leopardi come poeta satirico troverà diletto nel leggere questo breve poema, che potrebbe essere un bellissimo cartone animato, se non fosse così disperato, soprattutto nella descrizione dell’aldilà dei topi. Leopardi lavorava ai Paralipomeni (che peraltro ci sono arrivati completi) nei suoi ultimi giorni di vita, avendo incominciato l’opera nel 1831 o, come dicono altri, nel 1834.
(“I paralipomeni della Batracomiomachia”, pubblicato postumo in otto canti brevi, in tutto 375 ottave, che fanno un totale rotondo di 3000 versi).
L’originale pseudo-omerico fu vivacemente tradotto dallo stesso Leopardi, che lo apprezzava moltissimo. La sua traduzione costituisce tuttora una lettura divertente.
(”Guerra dei topi e delle rane”, 1815, 1821-22 e ancora nel 1826, tre brevi canti in sesta rima, 73 sestine, 458 endecasillabi – l’originale greco conta 303 esametri).
Altri magnanimi eroi oltre ai topi ed alle rane combatterono battaglie omeriche nel corso dei secoli. Forse i più celebri sono i libri che combatterono La Battaglia dei Libri, di Jonathan Swift. Questa è uno spiritoso, ma tardivo intervento dell’autore dei Viaggi di Gulliver nell’oggi dimenticata “Diatriba degli antichi e dei moderni”, che divampò alla fine del Seicento a partire dalla Francia, sulla questione se fossero maggiori gli autori – scientifici e letterari - antichi o i moderni. Per la cronaca, già alla fine del Rinascimento italiano se ne era parlato e Galileo e Tassoni erano intervenuti a favore dei moderni. Il contributo di Swift è preso da un manoscritto sfortunatamente incompleto, per cui non sappiamo chi poi abbia vinto la battaglia. L’autore, tuttavia, non fa mistero delle sue simpatie, anche perché a favore degli antichi era sceso in campo nel 1690 il suo patrono, Sir William Temple. Il tempo passa per tutti, e ora anche i Moderni che a fine Seicento erano schierati contro gli Antichi, sono diventati a loro volta Classici, e, in caso di necessità, probabilmente si troverebbero a combattere a fianco degli antichi nemici. (Full and True Account of the Battle fought last Friday between the Ancient and the Modern Books in St. James’s Library - Resoconto completo e veritiero della battaglia avvenuta venerdì scorso tra i libri antichi e quelli moderni nella biblioteca di St. James, 1704, 39 pagine). Si trovò che Swift doveva molto a “Le lutrin – Il leggio”, di Boileau (vedi 21 luglio). Che il lettore giudichi: a me piuttosto sembra che “Le lutrin” sia simile alla “Secchia rapita” (26 maggio, 15 novembre), come da programma, e la “Battle of the Books” alla Batracomiomachia.


Il 2 febbraio è la Candelora. Muore Zabelle, madre di François le Champi (che in vecchio francese significa bambino trovato nei campi, trovatello), protagonista del romanzo omonimo di George Sand (Aurore Dupin). Romanzo gentile, con una maggioranza di personaggi buoni e quasi buoni rispetto ai cattivi e quasi cattivi, che fu tuttavia molto discusso ai suoi tempi. Particolare curioso, dopo un’introduzione, il racconto è narrato a due voci ad una veglia in una fattoria, e gli ascoltatori ogni tanto interrompono con qualche petulanza.
(“François le Champi”, 1850 – come romanzo, 1849 in versione teatrale; versione romanzo in circa 200 pagine)


“Il 2 febbraio, venti libbre di burro”. È lo zio Vanja che parla, mettendo in ordine i conti, come richiesto da Sonja. Siamo all’ultima scena dell’atto IV de “Lo zio Vanja” di Anton Cekhov, sei battute prima della fine. La vita riprende la sua routine con la lunga riflessione di Sonja, che si conclude con le parole più volte ripetute:”Noi riposeremo”.
(“Djadja Vanja”, 1900, 4 atti).


1873, domenica: “Il 2 febbraio 1873 la baleniera “ Pilgrim” si trovava a 43˚ 57’ di latitudine sud, e 165˚19’ di longitudine ovest dal meridiano di Greenwich”. Così comincia il romanzo d’avventure “Un capitano di quindici anni”, di Jules Verne, un romanzo alquanto cupo, con presa di posizione contro la schiavitù, la cui storia viene brevemente esposta nel capo I della seconda parte. Dick Sand è il nome del giovane eroe.
(“Un Capitaine de quinze ans”, 1878, 616 pagine).

1913, domenica. Wilbur Whateley nasce alle 5 del mattino di domenica, 2 febbraio 1913, in Dunwich. La sua nascita fu annunciata da misteriosi rumori delle colline e dall’abbaiare di tutti i cani per l’intera notte. E’ il personaggio principale de “L’orrore di Dunwich”, di Howard Phillips Lovecraft (vedi 9 settembre).