3 Maggio

Sezione: non-accadde/

Sardonicus dixit: “Se non riuscite a farvi obbedire la prima volta perdete ogni speranza.”.


3 maggio
“As I shal singe, on Mayes day the thridde,– Come canterò, il giorno tre di maggio”, dalla stanza 7, libro II del Troilo e Cressida, capolavoro della maturità di Geoffrey Chaucer, in cui si narrano gli amori dei due protagonisti ai tempi della guerra di Troia. Siamo dunque nel 1183 aC circa (vedi 22 giugno). Il poema è in diversi luoghi una traduzione pressoché letterale del “Filostrato”, opera di Giovanni Boccaccio poco più che ventenne, che a sua volta si era ispirato ad autori precedenti, quali il “Romanzo di Troia”, di Benoît de Sainte-Maure. Chaucer, però, non cita mai Boccaccio per nome (si vede che a quei tempi non usava). Probabilmente lo nasconde sotto il nome di tale Lollius. Shakespeare pensò bene farne una tragedia, non però una di quelle su cui è fondata la sua fama. Comunque, delle tre opere qui citate, quest’ultima rischia di essere la più vicina al nostro gusto, anche perché ormai a teatro non si apprezzano più i messaggi chiari e netti, ed il messaggio di questa tragedia chiaro e netto non è.
(“Troilus and Cressida – Troilus and Cryseide”, circa 1380,-1390, V libri in strofe di sette versi, 8256 versi).
(“Filostrato”, 1335, in nove parti, in ottave, di assai diseguale lunghezza, 5704 versi)
(“Troilus and Cressida – The Famous Historie of Troylus and Cresseid”, scritta forse nel 1602 e pubblicata nel 1609; V atti, 181 Kbytes).
Chaucer sembra avere una speciale predilezione per il tre di maggio, che compare nel “Racconto del Cavaliere”, il primo dei racconti di Canterbury (ispirato assai da vicino dal “Teseida”, altro poemetto giovanile del Boccaccio) e nel poemetto “Il Cuculo e l’Usignolo”. Tutto quadra, meno il fatto che si preferisce ora attribuire quest’ultima opera ad un altro poeta inglese, Sir Thomas Clanvowe.

“Sì, sì, diceva l’una:…Guarda, Zoradilla, è nato il tre maggio alle tre del mattino”. Ad un ballo in Estremadura, in una fattoria che forse non esiste, Alvaro Maravillas ode due vecchie fattucchiere egiziane che si dicono le sue generalità. Si tratta di uno dei primissimi romanzi fantastici, “Il diavolo innamorato”, di Jacques Cazotte. Il diavolo ha messo al servizio di Alvaro una cagnetta che poi diventa un paggio, Biondetto, che a sua volta … Romanzo ben scritto, interessante e forse più complesso di quel che sembra. Il finale, improvviso, fu subito giudicato insoddisfacente da molti lettori, come spiega l’autore nel suo “epilogo”. Una piccola deviazione nel soprannaturale per l’escursionista letterario. (“La diable amoureux”, 1772, circa 200 pagine)
Però l’autore Cazotte è noto soprattutto per la sua “profezia” lasciata scritta da Jean-François de La Harpe e pubblicata dopo la morte di entrambi nel 1806, vera o falsa che fosse. Secondo La Harpe, ad un certo banchetto tenuto a casa di un accademico di Francia all’inizio del 1788, Cazotte avrebbe profetizzato a ciascuno degli astanti il proprio destino (in gran parte di morte), oltre all’esecuzione del Re, che a quel tempo parve del tutto incredibile. A me pare poco credibile la profezia, che in effetti poteva ben essere un’invenzione o un’elaborazione di La Harpe, fatta a posteriori. È d’altronde vero che Cazotte si interessò alla cabala e all’occultismo, nella versione “martinista”, e pubblicò visioni sue: “Il mondo invisibile ci stringe da tutte le parti - le monde invisible nous presse de tous les cotés”. Inoltre, non mancarono persone che dissero di aver saputo della cena, che si sarebbe tenuta presso il Maresciallo Principe di Beauvau. La baronessa di Oberkirch, afferma che le profezie furono confermate da un’altra veggente a fine 1788, nel capitolo XXXIX delle sue memorie…che però furono pubblicate solo nel 1853. Infine, Cazotte non sarebbe stato l’unico a fare una profezia di questo tipo. Ad esempio, il predicatore Padre Jean-Nicolas Beauregard SJ ne avrebbe fatta una simile predicando alla corte durante la quaresima del 1789. Secondo me la predica, che conteneva un’invettiva contro il libertinaggio, deve esser stata arricchita in sede di redazione, post factum. Ma magari sbaglio.
(“La prophétie de Cazotte”, 1806, 1660 parole, 4 pagine).
Come reagiremmo noi se domani sera, a cena, uno in fama di veggente facesse profezie di una strage immane, con morte per ciascuno di noi?