26 Giugno

Sezione: non-accadde/

Sardonicus dixit:”Molti portatori della verità sono entusiasti di un carico così leggero.”


26 giugno
363, muore Giuliano l’Apostata, ferito da un giavellotto persiano – oppure cristiano, dicendo - o non dicendo - “Galileo! hai vinto”. La morte di Giuliano fu riprodotta in diversi drammi e raccontata in diversi romanzi storici. A cominciare dall’Illuminismo, la figura di Giuliano, esecrata per secoli, incominciò ad essere rivalutata, soprattutto dalle correnti anti-cristiane e anticlericali, ma non soltanto. Delle opere di fantasia forse la migliore è la tragedia in due parti “Cesare e Galileo”, di Henrik Ibsen, lunga, complessa, problematica, che introduce l’amicizia dell’Imperatore con quattro santi cristiani, Basilio di Cesarea, Giovanni Crisostomo, Gregorio di Nazianzo, Macrina, sorella di Basilio. Basilio e Macrina assistono alla morte dell’Imperatore ed hanno le ultime parole.
(“Kejser og Galilaeer”, in due parti: “L’apostasia del Cesare”, in 5 atti; “Giuliano Imperatore” in 5 atti, 200 pagine in tutto).
Mentre i drammi sociali di Ibsen sono in gran parte superati dal tempo, questa tragedia ed il Peer Gynt hanno, finora, superato il tempo. Per sfortuna di Ibsen, l’ultima battuta del maestro di Giuliano, Massimo di Tiro, è: “Il terzo regno verrà”, “Der tredje rige skal komme!”. In tedesco sembrava una profezia su “il terzo Reich”, di funesta memoria, che diede a Ibsen fama di profeta nelle menti sbagliate.
La seconda delle Consultazioni del Dottor Noir, “Dafne”, di Alfred de Vigny, è un romanzo semi-epistolare incompiuto che pure racconta la morte di Giuliano.
(“Les consultations du docteur Noir - Daphné, seconde consultation”, 1837 – incompiuta; 453 pagine per le due consultazioni).
Il Galileo che aveva sconfitto il tentativo di ritorno al paganesimo dell’imperatore Giuliano, naturalmente, è Gesù. La frase in latino (« Vicisti, Galilaee!») fu ripetuta applicandola a Galileo Galilei, forse nel 1611, forse da Keplero, forse ricevendo da Galileo un cannocchiale per compiere le proprie osservazioni. Taluni pensano che Kepler si riferisse alla vittoria morale di Galileo contro la Chiesa. Sarebbe magari bello, ma non è vero: troppo presto.

1284, lunedì, festa dei Santi Giovanni e Paolo. Data in cui comunemente si colloca l’episodio in gran parte fiabesco del pifferaio magico di Hamelin sul Weser. Viene raccontato senza particolare motivo dalla giovane indovina Mila, che predice il futuro a Bernard de Mercy nel capitolo I della “Cronaca del tempo di Carlo IX”, romanzo storico scritto a ventisei anni da Prosper Mérimée. Carlo IX è indissolubilmente legato alla notte di San Bartolomeo (vedi 24 agosto), che è l’avvenimento centrale anche per il romanzo di Mérimée. Un romanzo come tanti altri dell’epoca. (“Chronique du règne de Charles IX”, 1829, 350 pagine)
Forse la parte più interessante del romanzo di Mérimée è l’introduzione, in cui piuttosto coraggiosamente l’autore afferma che la strage della notte di San Bartolomeo è stata descritta sempre troppo semplicisticamente ed i vari personaggi sono sempre stati allegramente giudicati come se fossero dei contemporanei (ciò naturalmente valeva fino a metà Ottocento) e senza interessarsi a conoscere il loro punto di vista. Va notato che Mérimée non è un apologista cattolico e questo suo romanzo è piuttosto una requisitoria contro l’intolleranza religiosa.
La storia della storia del pifferaio magico è alquanto curiosa per conto suo. Forse ispirata da una vetrata ora scomparsa, che si trovava nella chiesa della piazza del mercato di Hamelin (ora Hameln), la fiaba venne diffusa a partire dal XVI secolo. Nel 1816 fu pubblicata tra le “Leggende Tedesche” dei Fratelli Jakob e Wilhelm Grimm. Il poeta Browning se ne occupò (ma la data intanto era slittata al 22 luglio 1397). Il poema di Robert Browning, “Il pifferaio magico (lett. variopinto, dalla foggia dei suoi vestiti) di Hamelin”, è in forma di favola per bimbi. Browning cerca di spiegare, tramite il resoconto degli unici sopravvissuti, un topo e un bambino claudicante, come mai tutti seguissero il pifferaio.
(“The Pied Piper of Hamelin”, 1842, 304 versi)
Si tende a credere che la storia originale riguardasse la scomparsa di un centinaio di bambini (la leggenda dice 130) di più di quattro anni, che, magari inizialmente ben nota nella dinamica, divenne col passar del tempo leggendaria. I topi sembra siano stati aggiunti verso la metà del Cinquecento. La versione di Mérimée dà alla città il nome moderno di Hameln, menziona i topi, colloca l’evento ai tempi della nonna della giovane donna che racconta il fatto nel 1572, cita i dettagli del topo bianco ritardatario (che si chiamava Klauss) e dell’età dei bambini (6-15 anni), per concludere con l’informazione che bambini tedeschi sconosciuti erano comparsi a quel tempo in Transilvania.
Una copia della vetrata originale è reperibile in:
http://en.wikipedia.org/wiki/File:Pied_piper.jpg (public domain)
(Deutsche Sagen” N. 245, die Kinder zu Hameln, dei fratelli Grimm, 1816)

1870, domenica. “Mai il pacifico guardaportone di Villamelon aveva subito un colpo terribile come quello che gli aveva preparato il signor governatore di Madrid per quel memorabile giorno, 26 giugno del… “, da “Bagatelle” di Padre Luigi Coloma, SJ. L’anno non può essere che il 1870, l’ azione è iniziata due giorni prima. Il romanzo descrive senza fronzoli l’alta società madrilena durante il breve regno in Spagna di Amedeo di Savoia ed anni successivi. Descrizione non spietata né disperata, perché esiste nel romanzo, che ogni tanto scivola nell’edificante-didattico, la certezza che la redenzione possa sempre essere riconquistata, anche se il prezzo da pagare può essere altissimo, e passa per il dolore straziante degli innocenti. L’ardito lettore di questo romanzo, interessante nello stile e nel soggetto, farà la conoscenza della contessa Currita Albornoz, personaggio il cui unico svantaggio è quello di essere piovuto in un romanzo spagnolo, anziché russo o inglese o, meglio ancora, francese. Una conoscenza però che non deluderà.
(“Pequeñeces”, 1891, 1.07 Mbytes).

Lemuel Gulliver parte per il suo sesto viaggio, narrato da Karinthy Frigyes in “Capillaria”. Vedi 22 novembre.