6 Maggio

Sezione: non-accadde/

Sardonicus dixit: “Siamo tutti convinti che alcune nostre debolezze (fumo, tabacco, etc.) servano a darci forza”.

6 maggio
1808, venerdì. Secondo alcuni, questa è la data in cui il generale Lasalle entrò in Toledo, durante l’occupazione napoleonica della Spagna. Secondo altri la nozione è infondata. Visto lo scarso interesse di Edgard Allan Poe a mettere date nei suoi racconti, prendiamo la data come buona. Il generale Lasalle in persona, e questo sicuramente non avvenne, salva il condannato nel racconto “Il pozzo e il pendolo”, uno dei più famosi di Poe. Da leggere, nonostante la sua adesione di maniera alla Leyenda Negra, che ha demonizzato con successo per duecento anni Spagna, Inquisizione, Chiesa Cattolica, Gesuiti e tutti i nemici degli Inglesi, facendo d’ogni erba un fascio, e facendo dimenticare con successo la feroce inquisizione anti-cattolica inglese.
(“The Pit and the Pendulum”, 1842, 5400 parole, 8 pagine).
Che io sappia, esiste una sola relazione autentica di un ex-prigioniero dell’Inquisizione, nel suo caso quella di Goa, definita da alcuni la più crudele dopo quella spagnola. Si tratta della Relazione dell’Inquisizione di Goa, di Charles Dellon, medico francese imprigionato su false accuse. La sua Relazione era ben nota nel Settecento e non mi stupirei se ne fosse stato a conoscenza anche Poe, che a pag.71 (dell’edizione francese, 1688) vi avrebbe potuto trovare il pozzo, anche se non nel carcere dell’Inquisizione, e senza pendolo. In quanto alle atrocità che Dellon subì o avrebbe descritto come testimone oculare (p.es. secondo Wikipedia, “Goa Inquisition”), lascio al volonteroso lettore il compito di trovarle.
(“Relation de l’inquisition de Goa”, 1687, 291 pagine)

1900, domenica. Il risultato delle elezioni municipali di Parigi è favorevole a Joseph Lacrisse. Il giovane ambizioso Lacrisse, monarchico per fede e nazionalista per interesse, domina buona parte del romanzo “Il signor Bergeret a Parigi”, di Anatole France. Lacrisse non è ancora completamente senza scrupoli ma il romanzo lascia sperare che sia solo questione di tempo. Lucien Bergeret, invece, modesto professore di provincia piovuto a Parigi, è un ingenuo idealista che si compiace di esporre i pensieri di Anatole France con una certa prolissità. Ne risulta un romanzo, che è parte autobiografia, parte cronaca, parte storia politica, parte documentazione sulla “fin de siècle” a Parigi, con l’affare Dreyfus appena concluso. Ed il testo è declamatorio, spiritoso, interessante, manicheo, superato.
(“Monsieur Bergeret à Paris”, 1901, 350 Kbytes, quarta ed ultima parte della tetralogia “L’Histoire contemporaine”).
Un esempio di quanto il romanzo sia superato è la celebre citazione: “Une bêtise répétée par trente-six millions de bouches ne cesse pas d’être une bêtise. Les majorités ont montré le plus souvent une aptitude supérieure à la servitude - Un’idiozia ripetuta da trentasei milioni di bocche non cessa di essere un’idiozia. Le maggioranze hanno mostrato assai spesso una straordinaria attitudine al servilismo”. Povero antiquato Anatole France, che se la prendeva con l’essenza stessa del “politicamente corretto”!