9 Settembre

Sezione: non-accadde/

Sardonicus dixit “I nostri mali funzionano da lenti di rimpicciolimento di quelli altrui”


9 Settembre
9 dC, incomincia la battaglia della selva di Teutoburgo. Furono tre giorni di aspri combattimenti sotto la pioggia e il vento, in cui tre legioni romane (probabilmente la XVII, XVIII e XIX) comandate da Quintilio Varo furono attaccate a tradimento ed annientate da diverse tribù germaniche condotte da Arminio. Nessuna delle fonti storiche antiche da me consultate menziona una data. Comunque la data che trovo più frequentemente citata nei moderni è il 9-11 settembre, basata, presumo, sui calcoli presentati nella “Enciclopedia generale delle scienze ed arti - Allgemeine Encyclopädie der Wissenschaften und Künste”, Lipsia, 1829, curata dallo Hersch. In essa, non senza qualche ragione, si dà per scontato che i Germani preferissero dare battaglia intorno alla luna nuova, che nel settembre del 9 dC cadde il giorno 8 (calcoli odierni danno piuttosto il 7). L’ipotesi è discutibile per varie ragioni, ma non è il caso di dilungarsi troppo. Lo storico Tacito nel libro I degli Annali racconta che Germanico andò sul campo di battaglia sei anni dopo e rese onore ai caduti.
Questo racconto è ripreso nell’atto I della tragedia “Arminio; o i fratelli nemici”, di Georges de Scudéry, fratello – meno geniale - di Mlle de Scudéry (vedi 30 giugno). La tragedia prende lo spunto da un successivo passo dello storico romano, in cui viene descritta la lite avvenuta ad Idistaviso (nome di una località sulle rive del Visurgis, cioè il Weser), fra i due fratelli, Arminio e Flavio, l’uno in favore dell’indipendenza dei Germani, l’altro per l’alleanza coi Romani. Georges de Scudéry aggiunge anche un amore per la stessa donna, che lui chiama Hercinia, ma è più nota col nome di Thusnelda. De Scudéry scrisse sedici tragedie convinto che fossero il meglio del teatro francese, opinione di cui non fece mistero. Era però più o meno l’unico a crederlo. L’Arminio, sedicesima tragedia, cadde malamente e de Scudéry non scrisse più per il teatro. Un critico maligno sentenziò:”Il tramonto della mediocrità”. Se i critici furono abbastanza spietati con l’autore, i biografi furono più generosi e gli riconobbero generosità, magnanimità e dignità personali. Il curioso può dare con profitto un’occhiata a questo monumento alla vanità frustrata, non senza qualche simpatia per l’autore.
(“Arminius ou les frères ennemis”, 1642, V atti, 1776 versi)
Publio (o Gaio) Cornelio Tacito è considerato il massimo storico romano e le sue narrazioni sono un modello di brevità, di acuto pensare e di bello scrivere. E’ uno dei picchi della letteratura mondiale, che non può essere ignorato. In più, oggi è facile trovare la traduzione cinquecentesca di Bernardo Davanzati, un classico nel suo genere, che gareggiava con Tacito in brevità.
(“Annales”, o forse “Ab excessu Divi Augusti” , completati intorno al 115 dC, probabilmente in sedici libri, ma quattro di essi e parti di altri quattro mancano).

1863, mercoledì. Rientra ad Amburgo la spedizione del Prof. Lindenbrok, avendo tentato senza successo la discesa al centro della Terra. Così si conclude uno dei più noti romanzi di Jules Verne. Vedi 24 maggio.

1868, mercoledì. In questo giorno si svolge l’azione dello strano racconto “La profezia”, di Arthur Schnitzler. Per intervento di un illusionista, un militare ebbe il 9 settembre del 1858 una visione di un istante della sua vita dieci anni dopo. Oggi è il giorno prefisso. La profezia si verificherà? Avvincente come suole essere Schnitzler.
(“Die Weissagung”, 1905, 8300 parole, 43 pagine).

1912, lunedì. E’ l’ultimo giorno di pace di Julien Sariette, meticoloso e ossessivo curatore della biblioteca d’Esparvieu. Il mattino dopo e per molti giorni successivi troverà i libri misteriosamente in disordine. Chi è, o chi sono i colpevoli? E che cercano? E’ così che al terzo capitolo incomincia l’azione de “La rivolta degli angeli” di Anatole France. Anche in questo romanzo l’autore se la prende con la società francese della belle époque, in particolare con la Chiesa Cattolica e l’esercito e la loro vera o presunta complicità. Anche in questo romanzo lo spunto è geniale: persa la fede, gli angeli (in particolare gli angeli custodi, che sono una moltitudine) guidati da Abdiel-Arcadio si ribellano e tentano un colpo di stato. Vi riusciranno? La narrazione presenta momenti di vero spasso. Tuttavia – anche in questo romanzo - il desiderio di Anatole France di mettere in satira assolutamente tutti gli aspetti della società e di aggiungere lunghe tirate esplicative allunga il testo oltre il limite del sopportabile.
(“La révolte des anges”, 1914, 438 pagine).

1928, domenica. “Fu il nove settembre all’imbrunire che si scatenò l’orrore”. Data in cui inizia l’orrore di Dunwich, circa a metà del racconto omonimo di Howard P. Lovecraft. La tesi del racconto è scritta in epigrafe:”Gorgoni e Idre, e Chimere – orrende storie di Celeno e delle Arpie – possono riprodursi nella mente della superstizione – ma c’erano già prima”. In questo notevole racconto Lovecraft riesce a sfuggire al suo abituale difetto di esser più abile nel creare gradualmente situazioni di assoluto orrore che non nello sfruttarle una volta che le ha create. Ma forse è solo questione di gusti. (“The Dunwich Horror”, 1929, 17500 parole, 40 pagine).